Chi li conosce ha le mie stesse origini oppure ha frequentato molto bene le tavole dell'Alessandrino e del Basso Piemonte. E non sto parlando di quelle dei ristoranti...
Piatto tipico, tradizionale della Fraschetta (così si chiama la zona d'origine), di solito la ricetta è di famiglia e si tramanda perlopiù oralmente, di generazione in generazione. Per mantenerla viva da qualche anno esiste però la Confraternita del #Rabatòn che si impegna nella sua valorizzazione.
Se poco sappiamo su come siano nati, una cosa è certa: l'ingrediente principale è la verdura a foglia.
Questa ricetta è quella di una favola. Mi veniva raccontata da mia nonna mentre la preparava con una velocità che per il momento mi è ancora lontana.
Erbette fresche, formaggio e poi una buona dose di manualità, questi gli ingredienti principali dei Rabatòn, piccoli e morbidi bastoncini affusolati alle estremità.
NOMEN OMEN
Rabatòn significa "quelli che rotolano" perché per prendere la caratteristica forma devono "rabatare" e cioè rotolare sulla farina. C'è chi li accomuna ai canederli perché frutto di un impasto che poi viene consumato come primo piatto, in realtà i Rabatòn sono tali, proprio in virtù della loro forma.
Erbette delle mie brame
Scelta l'erbetta (anche in base alla disponibilità di stagione), non resta che lavarla bene per eliminare eventuali tracce di terra e metterla a cuocere in abbondante
acqua.
Se salate l'acqua, ricordatevelo durante l'impasto in modo da non eccedere troppo con il sale.
E poi? Cosa serve ancora?
Prima di preparare questo #piattodellatradizione che funge da primo, ma anche da secondo se non addirittura come #piattounico (di solito quando li preparo mangiamo solo quelli), passiamo in rassegna gli ingredienti.
GLI INGREDIENTI DELLA RICETTA
Per circa 26-28 Rabatòn occorrono:
1 Uovo
200 grammi di Spinaci (lavati e lessati)
250 grammi di Ricotta nostrana
80 grammi di Grana padano grattugiato
Pangrattato q.b.
Sale q.b.
Noce moscata q.b.
Farina 00 q.b.
LA PREPARAZIONE
La ricetta è davvero semplice.
Una volta cotti gli spinaci, vanno scolati e lasciati raffreddare, quindi strizzati bene bene (non devono rilasciare acqua). In una terrina si rompe l'uovo, si aggiunge il sale e si mescola, si unisce la ricotta e si amalgama il tutto fino a ottenere un composto spumoso. A questo punto vanno aggiunti: gli spinaci, il formaggio, la noce moscata, poi si mescola. Si unisce il pangrattato fino a ottenere un composto lavorabile con le mani.
Su una spianatoia o su un piatto si versa della farina, quindi si preleva un po' di impasto e con le mani si cerca di abbozzare una forma affusolata che dovrà rotolare sulla farina. Si procede così fino a terminare l'impasto.
Nel frattempo si porta nuovamente a ebollizione l'acqua.
Un po' alla volta si immergono i Rabatòn e con una schiumarola si scolano appena vengono a galla. Si comportano come degli gnocchi.
Uno, due, trick!
Se avete poco tempo, passate le erbette cotte sotto l'acqua fresca, si raffredderanno in un attimo e potrete procedere subito con l'impasto.
Tenete l'acqua di cottura degli spinaci, vi servirà per cuocere i Rabatòn. In questo modo ridurrete gli sprechi, l'acqua sarà presto di nuovo a ebollizione, senza contare che così donerete un po' delle proprietà degli spinaci perse nell'acqua durante la cottura.
I Rabatòn per essere ancora più golosi vanno passati in padella nell'olio extra vergine di oliva caldo. Per dare un tocco di aromaticità aggiungo anche delle foglie di salvia a pezzetti. Quando i Rabatòn dopo qualche minuto raggiungono un po' di crosticina croccante, sono pronti per essere serviti nel piatto con una generosa spolverata di formaggio grattugiato.
La ricetta, come avete visto, è molto semplice, ma ricordo di essermela annotata tantissime volte. Così tante che quando metto ordine tra le mie cose spunta sempre qualche foglio con la loro preparazione. Essendo uno dei mie piatti del cuore volevo assolutamente carpirne i segreti. Per questo richiedevo spesso a mia nonna le dosi che puntualmente erano approssimative :)
Del resto chi sa cucinare davvero non ci fa caso.
Be' allora voi che ne dite?
La prova più grande è stata farli assaggiare a lei, Nonna Lina. Li ha mangiati con gusto e poi, senza troppi fronzoli, mi ha detto: "Grazie. Sei stata brava!" E io per un attimo sono tornata bambina.
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